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Chiaroni Davide
18 Giugno 2025Innovare il Water Management: le tecnologie al servizio di un futuro più sostenibile
Energy Management & Transizione Ecologica
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Chiaroni Davide
18 Giugno 2025Energy Management & Transizione Ecologica
La gestione dell’acqua si trova oggi al centro di una trasformazione profonda, dettata dalla necessità di conciliare l’efficienza operativa con la sostenibilità ambientale. In un contesto globale in cui eventi estremi, scarsità idrica e inefficienze infrastrutturali mettono sotto pressione i sistemi idrici, l’innovazione tecnologica rappresenta una leva cruciale per ripensare il ciclo dell’acqua in ottica integrata, resiliente e sostenibile.
Il Water Management non è più solo una questione ingegneristica o operativa: sta diventando un ecosistema complesso, dove digitalizzazione, analisi dei dati, automazione e nuovi modelli di business si intrecciano con le sfide sociali e ambientali. In questo scenario, come evidenzia Davide Chiaroni, Direttore del Master in Water Management di POLIMI Graduate School of Management, il settore è ancora in ritardo rispetto ad altre utility, come l’energia e il gas, in termini di trasformazione digitale e capacità di innovazione.
Per affrontare questa sfida servono nuove competenze e un cambio di paradigma culturale, oltre a soluzioni tecnologiche capaci di migliorare ogni fase del ciclo idrico: dalla misurazione dei consumi al trattamento e riutilizzo, dalla prevenzione delle crisi all’interazione con cittadini e imprese.
Professor Chiaroni, quanto sta incidendo la trasformazione tecnologica nella gestione delle risorse idriche? Quali tecnologie – digitali, di monitoraggio, previsione o trattamento – stanno contribuendo maggiormente a migliorare la sostenibilità e l’efficienza in questo campo?
La trasformazione tecnologica ha iniziato a incidere in modo crescente sulla gestione dell’acqua, ma lo sta facendo con un certo ritardo rispetto ad altri settori. L’acqua è, di fatto, l’ultima utility ad aver avviato un processo esteso di digitalizzazione. Il primo passo è stato l’introduzione dei contatori intelligenti, gli smart meter: una rivoluzione iniziata nell’elettricità, proseguita nel gas, e che oggi, finalmente, sta coinvolgendo anche il settore idrico. Questi strumenti, seppur ancora poco diffusi, sono essenziali per rendere più efficace, tempestiva e corretta la misurazione dei consumi finali.
Ma la digitalizzazione non riguarda solo la rilevazione del consumo. È fondamentale anche per il monitoraggio delle reti, l’identificazione delle perdite, la gestione dei sistemi di approvvigionamento e distribuzione. In queste aree, l’automazione e l’intelligenza dei sistemi possono portare a un salto di qualità radicale, sebbene ci sia ancora molto lavoro da fare per colmare il gap rispetto al potenziale disponibile.
Accanto a queste soluzioni digitali, si stanno sviluppando anche tecnologie di tipo più ingegneristico. Penso ad esempio ai nuovi materiali e alle tecnologie “no dig”, che permettono di intervenire sulle infrastrutture idriche senza dover scavare o sostituirle completamente. Si tratta di innovazioni fondamentali per rendere più efficiente il trasporto dell’acqua all’interno delle città, riducendo i costi e l’impatto ambientale dei lavori infrastrutturali.
Infine, esistono soluzioni tecnologiche avanzate anche per l’industria, in particolare nei processi di filtraggio, recupero e riciclo dell’acqua. L’innovazione, qui, è un mix tra ingegneria, chimica e trattamento ambientale, e si estende fino alla gestione del fine vita – dalla depurazione al trattamento dei fanghi – dove c’è ancora ampio margine per sviluppare soluzioni capaci di valorizzare le risorse in modo sostenibile.
Quali sono i principali casi d’uso o modelli tecnologici che stanno facendo la differenza? In particolare, quali innovazioni si stanno dimostrando più promettenti nella prevenzione delle crisi idriche o nella riduzione degli sprechi?
Tra i casi d’uso più rilevanti ci sono sicuramente le soluzioni progettuali orientate al riutilizzo e riciclo dell’acqua anche in ambito urbano. Penso, ad esempio, all’impiego dell’acqua piovana in ambito domestico: un’opzione che, oltre ad avere un impatto diretto sulla riduzione degli sprechi, si lega ai concetti di architettura sostenibile. In un contesto urbano in cui l’impatto delle precipitazioni estreme è sempre più significativo, progettare edifici e quartieri in grado di raccogliere, stoccare e riutilizzare l’acqua diventa una scelta strategica e lungimirante.
Un secondo ambito promettente riguarda l’integrazione dell’acqua nei cicli industriali secondo modelli distrettuali o simbiotici. Ad esempio, le reti di teleriscaldamento che utilizzano calore di recupero possono essere connesse ai sistemi idrici per fornire acqua calda a uso civile. In queste logiche, si immaginano sinergie tra industrie, artigianato e città, che potrebbero portare a nuove forme di economia circolare. Anche se siamo ancora agli albori, il potenziale è elevato: parliamo di modelli in grado di connettere territori, settori produttivi e comunità in un’unica visione di sostenibilità.
In tal senso, in quale misura la tecnologia può supportare anche il dialogo tra stakeholder diversi – istituzioni, aziende, cittadini – per una gestione condivisa più sostenibile dell’acqua? E in che misura l’analisi dei dati può contribuire a decisioni più informate e tempestive a livello di ecosistema?
Il dialogo tra stakeholder è uno dei nodi chiave per una gestione efficace dell’acqua, e la tecnologia può rappresentare un potente facilitatore in questo senso. Pensiamo alla prevenzione dei fenomeni estremi: con sistemi di monitoraggio distribuiti e intelligenti, integrati con meccanismi di controllo a livello territoriale, è possibile costruire una rete preventiva capillare, capace di agire in tempo reale.
Un esempio evocativo è quello del MOSE di Venezia: un sistema che si attiva automaticamente quando l’acqua supera una certa soglia, proteggendo la città. Sebbene parliamo di acqua marina, lo stesso principio può essere applicato ai bacini fluviali, ai sistemi di contenimento e alle precipitazioni intense. Oggi, però, il monitoraggio non è ancora così diffuso né digitalizzato come potrebbe essere.
Ma la tecnologia è utile anche nei fenomeni più ordinari. Le app e gli strumenti digitali hanno già abituato cittadini e imprese a monitorare e ottimizzare i consumi di energia o gas. Questo non avviene, al momento, per l’acqua, dove l’interazione con l’utente finale è spesso assente o basata su meccanismi analogici. Eppure, anche qui ci sarebbe spazio per costruire modelli di business e strumenti digitali capaci di stimolare comportamenti virtuosi e rafforzare il legame tra fornitori e utenti. Si tratta di un’opportunità non solo tecnologica, ma anche culturale.
In questo scenario, quali competenze servono oggi per guidare l’innovazione tecnologica nel Water Management? In che modo POLIMI GSoM, con il Master dedicato, opera per formare figure professionali capaci di operare al meglio in tal senso, con le giuste competenze e un Purpose chiaro e ben definito?
L’innovazione nel Water Management richiede oggi un set di competenze molto articolato. In primo luogo, servono competenze tecniche in analisi dei dati, digitalizzazione dei sistemi, progettazione di interfacce e strumenti di controllo. Ma non basta saperli sviluppare: serve anche la capacità di gestirli e integrarli nei processi aziendali, una competenza che spesso manca nei profili attualmente operativi nel settore.
In secondo luogo, è cruciale rafforzare le competenze legate alla gestione dell’innovazione. Il settore idrico è stato tradizionalmente focalizzato sull’operation e sulla manutenzione, con meno attenzione a ricerca e sviluppo o alla sperimentazione di nuovi modelli di business. Per cambiare passo, serve un mindset diverso, una cultura aziendale che valorizzi il cambiamento e che sia in grado di attrarre anche talenti digitali, che oggi spesso non vedono nel settore un contesto attrattivo.
Qui si innesta la proposta formativa di POLIMI Graduate School of Management. Il nostro Master in Water Management è nato proprio per colmare questo gap: costruire profili che conoscano a fondo il sistema idrico, anche nei suoi aspetti regolatori e normativi – un tema molto presente e rilevante in questo settore – ma che allo stesso tempo siano portatori di innovazione digitale e tecnologica. Figure in grado di agire come agenti di cambiamento, capaci di integrare competenze manageriali, regolatorie e tecnologiche.
Il nostro obiettivo non è sostituire la formazione ingegneristica o regolatoria già esistente, ma completarla. Le aziende hanno bisogno di esperti nelle tecnologie idrauliche e nelle normative, ma anche di manager dell’innovazione, project leader e professionisti capaci di tradurre il potenziale delle tecnologie in trasformazione concreta. Con il nostro Master, vogliamo rispondere a questa esigenza.