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Verganti Roberto
06 Ottobre 2025Il senso dell’innovazione: tra tecnologia, responsabilità e Purpose
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Verganti Roberto
06 Ottobre 2025Roberto Verganti, Co-fondatore di Leadin’Lab, il laboratorio di Leadership, Design e Innovation della School of Management del Politecnico di Milano
Quando una nuova tecnologia emerge, la prima reazione è quasi sempre lineare: usarla per fare meglio ciò che già si faceva prima. È accaduto con il web negli anni Novanta e sta accadendo oggi con l’intelligenza artificiale. Le prime applicazioni non fanno che replicare attività esistenti, generando timori di sostituzione del lavoro umano. Nel campo della musica, ad esempio, sono già disponibili strumenti che consentono di creare una canzone in meno tempo di quello necessario ad ascoltarla. È tecnicamente possibile, ma resta aperta la domanda fondamentale: ha senso?
La prospettiva del Purpose – il senso e la direzione di ciò che facciamo – permette di distinguere tra innovazione utile e soluzioni che producono solo “mostri perfetti”. Non tutto ciò che è realizzabile, infatti, merita di essere realizzato.
Chi decide cosa ha senso
Stabilire cosa abbia senso non è compito esclusivo di governi o regolatori, che anzi arrivano quasi sempre in ritardo rispetto al passo veloce della tecnologia. La responsabilità ricade su una pluralità di attori: i leader d’impresa, gli sviluppatori, i progettisti, fino a chi, nel dettaglio di un progetto, sceglie tra più opzioni. Anche una decisione apparentemente marginale può orientare lo sviluppo in una direzione piuttosto che in un’altra.
La domanda sul senso, dunque, coinvolge tutti: ognuno contribuisce, con il proprio ruolo, a determinare la traiettoria dell’innovazione.
L’arte come spazio di senso
L’arte rappresenta un ambito privilegiato per comprendere questa dinamica. Non risolve problemi pratici, ma ci rende umani. È un campo in cui il valore non è nella funzionalità, bensì nel significato. Ecco perché integrare arte e tecnologia significa allenarsi a un mindset diverso dal semplice problem solving: non basta chiedersi come risolvere un problema, occorre domandarsi quale problema valga la pena affrontare.
In questo senso, le capacità non solo ingegneristiche, ma anche umanistiche, diventano essenziali. Il sense-making, la comprensione di ciò che ha significato, è legato alla volontà, al desiderio di un mondo migliore: aspetti che nessuna macchina potrà mai sostituire.
I rischi della perdita di senso
Il rischio quotidiano è quello di lasciarsi travolgere dall’operatività e smettere di interrogarsi sul perché. Più le agende sono fitte, più si tende a lavorare in modo meccanico, perdendo di vista la direzione dell’innovazione. La sfida della leadership sta nel continuare a porsi la domanda su cosa ha senso. Nel saper fermarsi, anche solo per un attimo. Il che’, se ci pensiamo, e’ un bene per il business: perche’ fare cose perfette che non hanno senso produce valore nullo, e consuma risorse. L’effetto finale e’ puramente negativo! Per cui fermarsi e porsi la domanda su cosa ha senso e’ l‘unico modo per creare valore.
In questo scenario, le scuole di management ricoprono oggi un ruolo cruciale: mostrare ai futuri leader che la ricerca del senso non è un esercizio astratto, ma il cuore dell’impatto sociale e, al tempo stesso, del successo economico, del business. Un prodotto che ha senso, infatti, conquista naturalmente le persone, molto più di un prodotto privo di significato, per quanto ben fatto.
Il senso collettivo e la visione dei leader
Il senso, però, non nasce nel vuoto: germoglia da “semi” già presenti nella società. I leader hanno la responsabilità, e il potere, di scegliere quali semi far crescere e amplificare. Alcuni, come Alessandro Michele nel mondo della moda – che ha posto una forte attenzione all’identita’ del singolo individuo – hanno dimostrato come una visione possa trasformare radicalmente un settore. Oggi, la tecnologia, e in particolare l’intelligenza artificiale, attende di trovare la propria strada. Il futuro dell’AI dipenderà dalla nostra capacità di riconoscere e far fruttare i semi giusti, superando la logica riduttiva della sostituzione.
Essere responsabilmente ottimisti
In tal senso, dobbiamo essere ottimisti o pessimisti? Di fronte a tecnologie “general purpose” come l’intelligenza artificiale, rispondere a questa domanda è riduttivo. La vera postura da adottare è quella della responsabilità. Ogni progettista, leader e utilizzatore ha il dovere di orientare l’innovazione verso un mondo migliore.
Il design offre un esempio illuminante: progettare responsabilmente significa, per definizione, immaginare un futuro migliore. Ed è questo che oggi serve più che mai: scuole e imprese capaci di formare e guidare persone responsabili, in grado di non farsi attrarre solo dalla sfida tecnica, ma di mettere al centro il significato.
Non dobbiamo vederlo come esercizio pedante e moralista. E’ invece una postura ottimista che va al centro della gioia di essere umani: immaginare cose che hanno piu’ senso. È questa la condizione per cui l’innovazione non sia un esercizio sterile, ma un motore di progresso umano e sociale, guidato da un Purpose chiaro e ben definito.