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Giudici Giancarlo
01 Settembre 2025Sustainable Finance: quando la finanza diventa leva strategica per un futuro sostenibile
Sostenibilità & Impatto
Finanza
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Giudici Giancarlo
01 Settembre 2025Sostenibilità & Impatto
Finanza
Negli ultimi anni, la finanza sostenibile è diventata un tema sempre più centrale nel dibattito economico e sociale, non solo in ambito accademico ma anche tra imprese, investitori e policymaker. Non si tratta di una moda passeggera né di un’etichetta green da applicare alle attività tradizionali: la sustainable finance è oggi uno degli strumenti fondamentali per guidare la transizione verso un’economia più equa, resiliente e a basso impatto ambientale. Rappresenta, al tempo stesso, una responsabilità collettiva e un’opportunità concreta per creare valore nel medio-lungo termine.
Ma cosa significa davvero finanza sostenibile? In che modo le imprese italiane stanno affrontando questa trasformazione? E quale ruolo giocano il purpose aziendale e la formazione di competenze specialistiche in questo scenario? Ne abbiamo parlato con Giancarlo Giudici, Direttore del Professional Certificate ESG Analysis & Investing e del Corso Executive Finanza aziendale: raccolta di capitale e operazioni sul mercato mobiliare.
Cosa si intende per sustainable finance e quali sono le iniziative e azioni aziendali che rientrano oggi sotto questo concetto? Quali le pratiche da tenere in considerazione?
Il concetto di sustainable finance è piuttosto semplice nella sua formulazione, ma estremamente profondo nelle implicazioni pratiche: prevede la considerazione nelle decisioni finanziarie – da parte sia delle imprese che cercano capitali, sia degli investitori che quei capitali li mettono a disposizione – non soltanto delle metriche tradizionali, come rischio, rendimento e flussi di cassa, ma anche dei criteri legati alla sostenibilità. È quindi una finanza che integra i parametri ESG – Environmental, Social e Governance – nelle strategie di allocazione delle risorse e nelle valutazioni di rischio e opportunità.
A livello di policy, uno dei riferimenti più importanti di questo concetto è l’European Action Plan on Sustainable Finance del 2018, un vero e proprio punto di svolta che ha definito l’agenda europea sul tema, articolandola in dieci azioni strategiche. Questo piano ha posto le basi per le principali iniziative legislative dell’Unione Europea in materia, e ha dato un forte impulso alle aziende e agli operatori finanziari affinché si muovano verso una maggiore trasparenza, responsabilità e coerenza con gli obiettivi di sostenibilità.
Tra le azioni aziendali più rilevanti, in tal senso, spicca la rendicontazione non finanziaria. Oggi, accanto ai classici report economici e finanziari, le imprese devono fornire dati chiari, comparabili e verificabili anche sulle proprie performance ESG. Questo consente agli investitori di valutare e confrontare le aziende non solo in termini di profittabilità, ma anche di impatto ambientale, sociale e di governance. La rendicontazione è cruciale anche per monitorare i progressi nel tempo, valutando se e quanto le imprese stiano migliorando rispetto ai propri obiettivi sostenibili.
Un secondo pilastro riguarda l’orientamento degli investimenti verso la transizione ecologica e sociale. Raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi o dell’Agenda 2030 dell’ONU, ad esempio, non è possibile senza significativi investimenti. Passare alle fonti rinnovabili, ridurre le emissioni, colmare il gender pay gap o investire in sicurezza e formazione dei lavoratori richiede capitale. In questo senso, la finanza gioca un ruolo determinante per sostenere progetti che abbiano un impatto positivo concreto.
Un altro aspetto fondamentale è quello della regolamentazione: l’Europa ha introdotto norme specifiche per obbligare banche, fondi di investimento e consulenti finanziari a essere trasparenti rispetto al modo in cui integrano i criteri ESG nelle proprie decisioni. Questo serve a contrastare il rischio di greenwashing, ossia la tendenza ad attribuire un’immagine sostenibile a pratiche che, in realtà, non lo sono.
Infine, è importante sottolineare l’evoluzione degli investitori, sempre più attivi in questo scenario: non si limitano a monitorare le metriche di sostenibilità, ma intervengono direttamente per orientare le strategie aziendali. Parliamo di engagement e stewardship, approcci che vedono gli investitori dialogare con le aziende partecipate, proporre azioni migliorative, e – se necessario – votare in assemblea contro decisioni che non rispecchiano i principi di sostenibilità, come nel caso di compensi eccessivi agli amministratori. In tal senso, diventano anch’essi veri protagonisti del cambiamento.
A che punto è oggi il tessuto imprenditoriale italiano nel mettere in pratica azioni concrete di sustainable finance? E in quale misura queste azioni generano valore – economico, sociale e ambientale – per le imprese che le attuano?
Il panorama italiano è ancora piuttosto eterogeneo. Le grandi aziende, soprattutto quelle quotate, sono generalmente più avanzate. Hanno accesso diretto al mercato dei capitali, dialogano con investitori istituzionali, e sono spesso sottoposte a obblighi normativi stringenti. Per loro, adottare pratiche di finanza sostenibile è anche un modo per migliorare la propria reputazione, attrarre investimenti e rispondere alle aspettative di stakeholder sempre più consapevoli.
La situazione cambia quando guardiamo alla maggior parte delle imprese italiane, che sono piccole e medie aziende, non quotate e con una forte dipendenza dal credito bancario. In questi casi, il rapporto con la finanza sostenibile è più indiretto, ma sta diventando sempre più rilevante. Questo grazie anche al ruolo delle banche, che – in virtù della regolamentazione europea e dei requisiti imposti dalla BCE – devono oggi integrare i criteri ESG nei propri modelli di valutazione del rischio e nelle decisioni di credito. In tal senso, un’impresa che dimostra un impatto positivo in termini di sostenibilità può ottenere finanziamenti più facilmente e, in alcuni casi, a condizioni più favorevoli.
Attuare pratiche sostenibili, quindi, non è solo una questione di compliance o reputazione, ma una leva concreta per migliorare l’accesso al capitale. E questo si traduce in valore. Se nel breve termine i costi possono apparire più elevati – pensiamo agli investimenti in efficienza energetica, fonti rinnovabili, formazione o sicurezza – nel medio-lungo periodo i benefici sono evidenti. Le imprese sostenibili attraggono più talenti, godono di maggiore fiducia da parte di clienti e investitori, e sono in grado di gestire meglio i rischi, garantendosi una maggiore resilienza.
Dal punto di vista finanziario, non ci sono prove che la sostenibilità implichi una penalizzazione in termini di rendimento. Al contrario, molti studi mostrano che le imprese con profili ESG solidi possono generare performance simili o addirittura superiori rispetto a quelle meno sostenibili. Questo significa che per un investitore scegliere aziende sostenibili non comporta una rinuncia alla redditività, ma può anzi rappresentare una strategia efficace di lungo periodo.
In questo scenario, quanto è importante avere un Purpose definito per intraprendere iniziative efficaci di sustainable finance e in che modo operare per formare professionisti competenti in questo ambito? Qual è l’approccio e la proposta formativa di POLIMI Graduate School of Management in tal senso?
Avere un Purpose chiaro è il punto di partenza. Definisce il perché un’organizzazione fa ciò che fa, al di là della generazione di profitto. È un elemento identitario, ma anche operativo: guida le strategie, orienta le decisioni, ispira l’azione. Un Purpose solido rende più credibile e coerente l’impegno verso la sostenibilità. Senza una visione autentica e condivisa, le iniziative rischiano di essere frammentarie o, peggio ancora, percepite come opportunistiche.
Accanto al Purpose, però, servono competenze. La finanza sostenibile richiede una formazione specialistica che coniughi conoscenze economico-finanziarie con sensibilità ambientale, sociale e normativa. In POLIMI Graduate School of Management abbiamo sviluppato due programmi distinti, proprio per rispondere a questa esigenza formativa.
Il primo è il Professional Certificate ESG Analysis & Investing, realizzato in collaborazione con CFA Society Italy. Si tratta di un programma molto apprezzato, tra i più seguiti della nostra Scuola, dedicato principalmente ad analisti finanziari, gestori di fondi, consulenti e professionisti del risparmio gestito. È strutturato in 15 moduli e accreditato da EFPA (European Financial Planning Association): chi lo completa può sostenere l’esame per diventare ESG Advisor, una figura oggi sempre più richiesta dal mercato.
Il secondo programma è il Programma Executive in Finance, pensato per manager e professionisti che non provengono dal mondo della finanza, ma si trovano a dover prendere decisioni finanziarie all’interno delle proprie organizzazioni: si articola in otto moduli, più due facoltativi, e offre una panoramica completa su temi come pianificazione finanziaria, corporate finance, emissione di titoli e operazioni straordinarie, con un focus concreto e operativo.