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Chiaroni Davide

18 Giugno 2025

Water Management: soluzioni e competenze per una gestione sostenibile dell’acqua

Energy Management & Transizione Ecologica

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Chiaroni Davide

18 Giugno 2025
Water Management: soluzioni e competenze per una gestione sostenibile dell’acqua

Energy Management & Transizione Ecologica

In un mondo sempre più segnato dagli effetti del cambiamento climatico, la gestione dell’acqua si impone come una delle priorità più urgenti per governi, imprese e istituzioni. La cosiddetta “crisi idrica” non è più un fenomeno circoscritto a Paesi lontani o a realtà in via di sviluppo: riguarda da vicino anche l’Europa e l’Italia, dove la scarsità d’acqua e l’obsolescenza delle infrastrutture stanno compromettendo la sicurezza dell’approvvigionamento, la qualità della risorsa e l’efficienza del suo utilizzo.

Il tema del Water Management, dunque, non è solo ambientale, ma profondamente strategico. Occorre ripensare l’intero ciclo dell’acqua – dall’approvvigionamento alla distribuzione, dall’uso industriale e agricolo alla depurazione – con una visione integrata, sistemica e orientata alla sostenibilità. In questo contesto, anche la formazione e il ruolo del management assumono una rilevanza crescente: servono figure capaci di affrontare la complessità, interpretare i dati, gestire la scarsità e guidare le organizzazioni in un contesto di crescente pressione ambientale e sociale.

Per approfondire questi aspetti, abbiamo intervistato Davide Chiaroni, Direttore del Master in Water Management di POLIMI Graduate School of Management, che ci ha offerto una riflessione lucida e articolata sullo stato attuale e sulle sfide future del settore.

 

Professor Chiaroni, qual è oggi lo stato di salute delle risorse idriche, in Italia e a livello globale? In che misura stiamo vivendo una crisi idrica, e quali sono le principali cause che stanno incidendo sulla disponibilità e sulla qualità dell’acqua?

La crisi idrica è una realtà che sta diventando sempre più concreta e sentita, anche in Italia. Per decenni, abbiamo avuto problemi localizzati in aree periferiche: zone montane, rurali, regioni del Sud. Oggi, invece, il problema tocca anche le grandi città, le aree urbane. Penso ai razionamenti in Sicilia, alle difficoltà riscontrate a Roma con il bacino del Lago di Bracciano, o ai problemi di approvvigionamento idrico che hanno colpito il settore agricolo nel Nord. È cambiata la percezione pubblica della scarsità: ciò che prima era vissuta come una questione periferica, oggi è diventato un problema centrale.

Due sono i fattori principali che hanno contribuito a questa trasformazione. Il primo è il cambiamento climatico: le stagioni si sono fatte più instabili, meno prevedibili. Le precipitazioni si concentrano in eventi violenti e brevi, che non favoriscono l’accumulo nei bacini. Sebbene la quantità complessiva di pioggia non sia necessariamente diminuita, è la distribuzione a essere cambiata, compromettendo la possibilità di trattenere l’acqua. Da qui il dibattito sempre più acceso sull’importanza dei bacini di raccolta, vecchi e nuovi.

Il secondo fattore è la storica sottovalutazione del valore dell’acqua. Poiché è sempre costata poco – alle famiglie, alle imprese, al settore agricolo – non si è mai investito seriamente nell’efficientamento delle infrastrutture. Il risultato? Abbiamo una rete che perde in media oltre il 40-45% dell’acqua immessa: su 100 litri raccolti, ne perdiamo 50 prima ancora che arrivino all’utente finale. Quando l’acqua era abbondante e a basso costo, questo problema era ignorato. Ma oggi, con un clima sempre più ostile, le inefficienze sono insostenibili.

A livello globale, la situazione non è migliore. Anche l’Europa – che un tempo guardava alla scarsità idrica come a un problema “degli altri” – ha scoperto negli ultimi anni la propria vulnerabilità. Il termine “oro blu” non è un’esagerazione: riflette il cambiamento di paradigma e di valore associato all’acqua, oggi riconosciuta come una risorsa strategica e fragile.

 

Quali sono le principali sfide che dobbiamo affrontare nella gestione dell’acqua a livello strategico e gestionale? In che modo le imprese, le istituzioni e la governance pubblica possono contribuire in modo efficace a un modello di gestione più sostenibile?

Le sfide sono distribuite lungo tutto il ciclo dell’acqua. Innanzitutto, c’è la fase di approvvigionamento: dobbiamo imparare a raccogliere meglio l’acqua che oggi disperdiamo. Serve ripensare l’intero sistema di stoccaggio, adattandolo ai nuovi cicli climatici e prevedendo infrastrutture che possano trattenere l’acqua anche durante eventi meteorologici estremi.

Segue la distribuzione: le nostre reti sono vecchie, in alcuni casi obsolete. Abbiamo investito molto su infrastrutture elettriche e del gas, ma poco su quelle idriche, che sono rimaste ai margini delle politiche infrastrutturali. Poi c’è il tema dell’utilizzo: il focus non è tanto sulle famiglie, quanto sul mondo industriale e agricolo. È qui che possiamo fare la differenza, attraverso il riuso, il recupero e l’innovazione nei processi produttivi. Infine, c’è la questione del cosiddetto “fine vita” dell’acqua: la depurazione, la gestione dei fanghi, la valorizzazione dei residui. Tutti temi oggi ancora poco sviluppati, ma essenziali in un’ottica di economia circolare.

Un ulteriore livello di complessità deriva dal fatto che il sistema è multi-stakeholder. La risorsa è gestita da soggetti pubblici, operatori di rete, imprese, enti locali, spesso con logiche territoriali. E manca una governance nazionale integrata. Le altre grandi infrastrutture – trasporti, gas, elettricità – hanno un sistema gestionale centralizzato con declinazioni locali. L’acqua, invece, è ancora frammentata. Ma questa frammentazione, pur giustificata dalla natura “locale” della risorsa, oggi rappresenta più un limite che un vantaggio.

 

A suo avviso, qual è il livello di consapevolezza e di impegno delle istituzioni – italiane e internazionali – nei confronti della gestione sostenibile dell’acqua? Stiamo facendo abbastanza?

Negli anni, la consapevolezza è cresciuta. Ci sono stati momenti di grande attenzione, soprattutto prima della pandemia, in cui si è parlato molto di governance pubblica dell’acqua, di riciclo, di utilizzo agricolo sostenibile. Parliamo però di un’attenzione discontinua. Purtroppo, in Italia – ma non solo – l’interesse per questi temi segue un andamento ciclico, legato all’emergenza. Quando Roma resta senz’acqua o c’è una grande alluvione, si accendono i riflettori. Poi, passato il picco, tutto viene dimenticato.

Il problema è che gli interventi necessari – bacini di contenimento, ammodernamento delle reti, pianificazione idrica – richiedono programmazione pluriennale e continuità politica. Ma l’interesse intermittente rende difficile allocare risorse nel lungo periodo. E così si rimanda, si rinvia, si perde tempo. Al momento, non credo che la gestione sostenibile dell’acqua sia in cima tra le priorità dell’agenda politica. E questo è un problema serio.

 

Quanto conta avere un Purpose chiaro nel settore del Water Management e quanto è strategica la formazione in questo ambito? Qual è, in particolare, l’approccio formativo di POLIMI Graduate School of Management e quali le caratteristiche distintive del vostro Master in Water Management?

Nel settore idrico, avere un Purpose chiaro è fondamentale. L’acqua ha un impatto fortissimo su tutti i sistemi vitali: sull’ambiente, sulla salute, sull’economia. Eppure, troppo spesso è trattata come una commodity, non come una risorsa da tutelare. Invece, lo spreco idrico, la dispersione, l’inefficienza gestionale sono problemi che hanno conseguenze enormi, ben oltre la sfera economica. E affrontarli richiede una visione ampia, responsabile, orientata al bene comune.

È da questa consapevolezza che nasce il nostro Master in Water Management. Il nostro approccio formativo si articola su due direttrici. La prima è la visione integrata del ciclo dell’acqua: formiamo professionisti in grado di comprendere tutte le fasi del processo, dall’approvvigionamento alla depurazione. Spesso oggi il sistema è gestito “a blocchi”, con competenze frammentate. Il nostro obiettivo è creare figure capaci di tenere insieme la visione generale e i dettagli operativi.

La seconda direttrice è l’innovazione. Il settore ha un estremo bisogno di tecnologie digitali, di processi nuovi, di una gestione più moderna e data-driven. Parliamo di digitalizzazione, ma anche di soluzioni tecnologiche per l’efficienza, per il monitoraggio e per la manutenzione predittiva delle reti. Il nostro Master prepara i professionisti a portare innovazione reale, contribuendo a costruire un sistema idrico più sostenibile, resiliente e orientato al futuro.