25 Novembre 2024

Costruire una cultura fondata sulla parità e il rispetto nella lotta alla violenza di genere

Costruire una cultura fondata sulla parità e il rispetto nella lotta alla violenza di genere - POLIMI GSoM

La forza delle parole e delle azioni: riflessioni sulla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

La violenza contro le donne non conosce confini geografici, culturali o sociali e si manifesta in molteplici forme, spesso invisibili. Il 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, non è solo una data segnata sul calendario: è un invito a riflettere, a sensibilizzare e soprattutto ad agire. È una piaga dai riflessi tremendamente importanti perché non solo distrugge singole e preziose vite, ma condiziona un'intera società compromettendone il suo progresso. È retorica affermare che ci riguarda tutti, fin quando non ci si ferma realmente a pensare che può riguardare nostra figlia, l'amica più cara che hai fin dalle scuole, la collega due scrivanie più avanti, la barista che ogni giorno ti fa il caffè. Ci hanno aiutato a ragionare su questo tema Erika Ortu, Talent Development, Wellbeing & D&I Manager, e Martina Salvi, Students Engagement & Development Team Leader. Le loro riflessioni ci possono aiutare a capire quali sono le sfide e le azioni concrete che possono essere intraprese per combattere questo fenomeno di violenza.


Perché ritieni che sia importante ricordare il 25 novembre?

Avere una giornata di commemorazione per la violenza di genere significa celebrare e ricordare l’impegno che istituzioni, organizzazioni ed individui ripongono per affrontare un fenomeno sociale che richiede un impegno collettivo e che ancora oggi appare presente con diverse sfumature, a seconda delle culture di appartenenza L'istituzionalizzazione di questa data risale a fine anni ‘90 per evidenziare l’attivismo e il coraggio di 3 donne - Las Mariposas - che hanno combattuto la causa con dedizione, ma che hanno perso la vita sotto il regime dittatoriale che vigeva nel territorio dominicano negli anni ‘60, espressione del machismo in America Latina. Il 25 novembre in realtà è la data inaugurale che si conclude il 10 dicembre con la Giornata Internazionale dei Diritti Umani. Questo elemento mette in luce in modo simbolico il collegamento della lotta alla violenza di genere come parte integrante di una battaglia ancora più ampia.


Quali aspetti della violenza di genere pensi siano meno compresi o discussi nella nostra società? È solo un problema culturale e di retaggio o c'è di più? 

Menzionare la storia e gli episodi più cruenti di violenza, sfociati nel femminicidio, non è una operazione di mera retorica comunicativa, ma significa riportare l’attenzione dei cittadini a non sottostimare le forme invisibili di violenza, che si insinuano nella vita di tutti i giorni. Sono situazioni che spesso possono nascere da forme di potere, di controllo e di coercizione. Sono spesso frutto di forme stereotipate di incarnare la relazione tra maschile e femminile portando con sé bias, atteggiamenti e comportamenti che squalificano l’essere umano sulla base delle differenze di genere.

Tale fenomeno può verificarsi in diverse sfere della vita e non solo quella domestica. Secondo l’ISTAT, in Italia il 31,5% delle donne tra i 16 e 70 anni ha subito lungo il corso della propria vita una qualche forma di violenza, dato ricorsivo a livello globale, e trasversale a tutte le regioni, le classi socioeconomiche e il livello di istruzione.

Questo dato mette in evidenza come il fenomeno sia esteso lungo il ciclo dell’esistenza, a partire dalle prime forme di socializzazione. È possibile ipotizzare, quindi, che lavorare sull’educazione possa essere una parte importante per toccare le radici di questo fenomeno e poter avere un impatto di lungo raggio. Davanti poi alla violenza conclamata, oggi esistono strumenti di gestione strutturati come i Centri Antiviolenza a livello territoriale che possono offrire assistenza in modo efficace alle vittime e sistemi di intercettazione come il numero telefonico nazionale 1522.

Resta inoltre la responsabilità e il contributo individuale che ciascuno di noi può portare imparando a intercettare chi è in una situazione di violenza (economica, psicologica, fisica e/o sessuale). Bisogna evitare di fare victim blaming e accogliere e rispettare il dolore e la sofferenza delle vittime, orientandole verso quei canali che potrebbero concretamente offrire loro supporto. Riuscire ad aiutare le vittime non è facile poiché richiede di essere in primis un buon osservatore e conoscere le basi del fenomeno e dei servizi che possono essere messi a disposizione della comunità. In questa direzione appare importante non sottostimare quei campanelli di allarme che noi tutti come cittadini, indistintamente di genere femminile o maschile, dovremmo apprendere a leggere e governare. Non ultimo, evitare il processo di colpevolizzazione della vittima può mitigare l’effetto indiretto di vittimizzazione secondaria, aumentando così il recupero del senso di autoefficacia della persona e mobilitando le risorse per affrontare la situazione. Anche far uscire la vittima da un alone di giudizio ricordando - anche a noi stessi - che la violenza è un fenomeno che si subisce.


Quando si parla di violenza si pensa esclusivamente all'atto fisico ma le violenze sono sempre state verbali e ora anche digitali. Come si affronta tutto questo?

Questi assunti valgono sia nel contesto lavorativo, ma anche nelle relazioni che intratteniamo nei contesti digitali. Proprio questi ultimi, infatti, e i loro risvolti sulla vita quotidiana delle persone, vengono spesso sottostimati. Non si tiene conto a sufficienza degli effetti psicologici che potrebbe, ad esempio, generare un thread di insulti potenzialmente generato da un gruppo di follower.


Come pensi che ciascuno di noi possa contribuire a combattere la violenza di genere, anche nel nostro contesto lavorativo?

Nello specifico, il contesto lavorativo può essere arena di discriminazioni, ma nel mio ruolo di Wellbeing e D&I Manager mi piace pensare positivo, ovvero come le aziende possono attrezzarsi e, attraverso l’implementazione di formazione e buone pratiche, possano costruire nuove culture e renderle disponibili per la comunità e le generazioni future. Pensiamo alle organizzazioni come ad abilitatori di cambiamento sociale, seppur non nascano con questa principale mission. Se le imprese riusciranno quindi a collocarsi in una prospettiva di “Community Organization” potremo contribuire alla causa con opportunità di grande impatto per la società e l’ecosistema.

In questa direzione, noi che apparteniamo al terzo settore e abbiamo tra gli assunti il credo che la conoscenza e l’educazione possano cambiare il mondo, giochiamo un ruolo importante nel trattare questa tematica con priorità.


POLIMI GSoM ha offerto formazione come Ambassador sulla violenza contro le donne. Cosa ti ha colpito maggiormente del corso? C'è qualche aspetto che hai potuto esplorare e comprendere meglio grazie a questa formazione?

Nella mia esperienza è stato possibile esplorare gli indicatori della violenza per riconoscere il fenomeno nelle diverse sfaccettature e comprenderne la sua natura multidimensionale. Il percorso Ambassador con Fondazione Libellula, mi ha inoltre permesso di apprendere strumenti concreti per essere vicini alle potenziali vittime. In questo senso il percorso è un abilitatore di risorse: ti mette in una condizione proattiva e non di mero spettatore impotente di fronte ad una questione sociale che oggi è sul tavolo dell’Agenda 2030 entro alcuni pilastri dei 17 SDG (Gender Equality - Reduced Inequalities)


Considerando ciò che hai appreso durante la formazione come Ambassador, quali azioni o attività intendi mettere in pratica per sensibilizzare e sostenere gli altri su questo tema?

Durante la mia formazione come Ambassador, ho avuto modo di approfondire le modalità tramite le quali la violenza di genere può essere attuata, focalizzandoci anche sulle forme meno visibili e che persistono nella nostra società, in quanto radicate nel nostro contesto culturale. Partendo da questa consapevolezza, credo che il mio ruolo come Ambassador debba focalizzarsi sulla promozione di una cultura diffusa che possa rendere visibili alcune dinamiche sommerse, aumentare il senso di consapevolezza verso queste tematiche nell’ambiente lavorativo e andare di conseguenza a intaccare il paradigma alla base di molte di queste forme di violenza. La divulgazione e il dialogo credo siano in questo senso due aspetti chiave della sensibilizzazione che, congiuntamente ad azioni mirate e iniziative ad hoc, possono davvero fare una differenza.


Quale messaggio pensi sia importante trasmettere per sensibilizzare sull'importanza di questa tematica?

Il messaggio che ritengo fondamentale trasmettere è che attivarsi, affinché alcune dinamiche non generino più indifferenza e non passino inosservate, è una responsabilità collettiva e ognuna e ognuno di noi può e deve giocare un ruolo in questa partita. La consapevolezza e l'azione individuale possono essere diffuse e portare a grandi cambiamenti. La creazione di consapevolezza ci porta a notare dinamiche, parole e comportamenti che normalmente non avremmo notato, focalizzandoci tanto sulle forme più visibili di violenza, quanto sulle situazioni meno evidenti, ma altrettanto distruttive. Quando si tratta di invertire la rotta, è essenziale che ognuno di noi comprenda l'importanza del proprio contributo sentendosi chiamato in causa in quanto agente di cambiamento.

25 Novembre 2024