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Elia Stefano
19 Marzo 2025L’internazionalizzazione delle imprese italiane passa dalla digitalizzazione
Innovation & Digital Trasformation
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Elia Stefano
19 Marzo 2025Innovation & Digital Trasformation
Negli ultimi anni, l’internazionalizzazione delle imprese italiane ha subìto una significativa evoluzione, con una crescita delle esportazioni e un consolidamento della presenza in determinati mercati esteri. In questo scenario, permangono sfide e opportunità inesplorate, che le aziende possono cogliere facendo leva sul valore aggiunto oggi garantito dal digitale: un elemento fondamentale, in grado di supportare realtà di qualsiasi dimensione nelle loro strategie di espansione migliorando l’efficienza operativa, ottimizzando le decisioni e favorendo nuovi modelli di business.
Quali sono, però, i settori più propensi all’internazionalizzazione? Quali tecnologie possono davvero fare la differenza e quali competenze sono necessarie per affrontare con successo le attuali sfide del mercato globale? Per approfondire questi temi, abbiamo intervistato il Professor Stefano Elia, Direttore del Master in International Business and Digital Transformation di POLIMI Graduate School of Management, che ci ha offerto una panoramica dettagliata sulle tendenze attuali e sulle prospettive future dell’internazionalizzazione delle imprese italiane. Un futuro che passa dalla formazione e da un nuovo “umanesimo digitale”.
A che punto è l’internazionalizzazione delle imprese italiane? Quali settori sono maggiormente propensi e attenti all’espansione del business all’estero e in quali Paesi?
L’internazionalizzazione delle imprese italiane è in una fase avanzata e rappresenta un pilastro fondamentale della crescita economica del nostro Paese. Negli ultimi anni, dopo la pandemia, nonostante le difficoltà legate alle tensioni geopolitiche in corso, le esportazioni italiane hanno registrato uno sviluppo significativo, superando la media di altre grandi economie europee, come Germania, Francia e Spagna. Attualmente, più di 120.000 imprese italiane operano all’estero, tramite attività di export o investimenti diretti: un dato in netta crescita rispetto alle circa 112.000 aziende del 2020, per un incremento che ha interessato anche le microimprese.
I settori più propensi all’espansione internazionale rimangono quelli dell’industria manifatturiera - l’Italia oggi occupa la sesta posizione a livello mondiale nella graduatoria dei principali Paesi esportatori in questo ambito, con una quota di mercato mondiale del 2,8% -, e in particolare i comparti dei macchinari e dei mezzi di trasporto, l’agroalimentare, l’arredamento e il chimico-farmaceutico. Il Made in Italy, con i suoi prodotti iconici della moda, del design e della gastronomia, continua a essere un asset strategico per la competitività italiana sui mercati globali. In questo scenario, anche l’export dei servizi ha registrato un notevole incremento: seppur la quota di mercato mondiale rimanga più contenuta, dell’1,8%, il trend è sicuramente di crescita.
Le destinazioni principali delle esportazioni restano i mercati maturi, in primis l’Unione Europea e gli Stati Uniti, attualmente al secondo posto nonostante le minacce di dazi di Trump. La presenza delle imprese italiane, negli ultimi anni, ha registrato un incremento anche in Spagna, Irlanda e Cina, oltre che nelle economie del Mediterraneo, come Egitto, Algeria, Marocco, Libia, Tunisia, e nei Paesi del Medioriente, in particolare Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. In questo contesto, permangono ancora margini di miglioramento, soprattutto nei mercati emergenti dell’Asia - India, Indonesia, Vietnam e Thailandia - e dell’Africa subsahariana - Kenya e Nigeria - che presentano potenzialità di crescita elevate, ma restano ancora poco esplorati dalle imprese italiane. Una strategia di diversificazione geografica, anche in termini di catene di approvvigionamento, oggi più che mai si rivela però essenziale per le aziende del nostro Paese al fine di cogliere nuove opportunità di business e mitigare i rischi derivanti dall’incertezza internazionale.
In questo scenario, in che modo la trasformazione digitale garantisce un supporto all’internazionalizzazione delle imprese italiane?
La digitalizzazione rappresenta un’alleata cruciale per il successo delle imprese sui mercati esteri. Le tecnologie digitali, infatti, facilitano i processi decisionali, migliorano l’efficienza aziendale, ottimizzano la gestione delle catene globali del valore e favoriscono l’innovazione.
In particolare, strumenti avanzati di analisi dei dati oggi sono in grado di abilitare processi analitici descrittivi, predittivi e prescrittivi che permettono ai manager di prendere decisioni più informate, dalla selezione dei mercati target fino alla definizione delle strategie di ingresso e di marketing. Le tecnologie di automazione e robotizzazione, insieme alla manifattura additiva, contribuiscono invece a ottimizzare le risorse, ridurre i costi e migliorare la competitività e la qualità della produzione. Inoltre, l’integrazione di soluzioni digitali come blockchain, Internet of Things e Digital Twins - supportate da Big Data e AI - consente una gestione più efficace e resiliente delle supply chain globali, aumentando l’agilità operativa, la rapidità e l’affidabilità nella condivisione delle informazioni, per un’ottimizzazione complessiva dei costi e una riduzione sostanziale delle vulnerabilità legate all’attuale contesto di incertezza internazionale.
Oltre a potenziare la competitività, il digitale favorisce anche la creazione di nuovi modelli di business e opportunità di innovazione. Piattaforme digitali per la collaborazione e l’intelligenza artificiale supportano infatti lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, migliorando la capacità delle imprese di adattarsi ai mutamenti del mercato globale.
Quali competenze le aziende sono chiamate a fare proprie per perseguire al meglio i propri obiettivi di internazionalizzazione, in modo competitivo e al tempo stesso sostenibile, sfruttando pienamente i benefici offerti dal digitale?
Se la tecnologia è un fattore abilitante, il successo dell’internazionalizzazione dipende anche e soprattutto dalle competenze manageriali e digitali. L’Osservatorio Export Digitale del Politecnico di Milano ha condotto due ricerche su un campione di circa 100 imprese italiane, dalle quali è emerso che le realtà più performanti in termini di cross-border e-commerce sono quelle che dispongono sia dell’export manager tradizionale che del digital manager, o in alternativa di figure professionali con una preparazione ibrida, capaci di integrare competenze tradizionali di commercio internazionale con quelle digitali.
Oltre alle skill tecnologiche, le aziende devono investire anche nel cosiddetto "umanesimo digitale", approccio che mette al centro un rapporto sinergico tra uomo e tecnologia, per evitare che quest’ultima sostituisca il valore aggiunto delle competenze umane, ma le supporti in termini non solo di automation, ma anche e soprattutto di augmentation. Il tutto, senza dimenticare che per essere realmente competitive, le imprese devono sempre conciliare l’internazionalizzazione con la sostenibilità, adottando modelli di business basati sull’economia circolare e sulle innovazioni green, per ridurre l’impatto ambientale e ottimizzare l’uso delle risorse.
In tal senso, che ruolo ricopre la formazione e quale supporto è in grado di offrire POLIMI Graduate School of Management nel formare manager e leader attenti ed esperti in queste tematiche?
La formazione gioca un ruolo cruciale. POLIMI Graduate School of Management si distingue per la sua offerta di programmi formativi avanzati, in grado di preparare manager e leader del futuro capaci di gestire le sfide dell’internazionalizzazione in un contesto digitale e sostenibile. Il nostro Master in International Business and Digital Transformation, recentemente riconosciuto per il secondo anno consecutivo tra i migliori a livello globale nei QS International Trade Rankings 2025, ne è un esempio emblematico: parliamo di un programma che unisce conoscenze teoriche e applicate, esperienze internazionali e metodologie innovative, per formare professionisti capaci di affrontare la complessità dei mercati globali. La partnership con Henley Business School, in Inghilterra, permette inoltre agli studenti di acquisire una doppia certificazione e di vivere un’esperienza internazionale altamente qualificante. Un percorso formativo, in sintesi, di assoluto valore.